Tutti sappiamo che la felicità esiste, che molte persone stanno bene e si godono la vita.
Ma, se una persona ha sempre vissuto nel dolore, prima con i genitori e poi in età adulta, come fa a sapere che è possibile anche per lei una vita diversa? E anche se fosse, come potrebbe costruirla?
In passato, nei miei momenti di difficoltà, ho pensato più volte che mi sarebbe piaciuto avere una vita alternativa e felice con cui paragonare quella che stavo vivendo.
Non tanto per capire quale delle due fosse migliore, ma per avere in mente un modello diverso di realtà, qualcosa a cui aspirare e che rappresentasse la mia meta.
A volte non si riesce a immaginare un’alternativa a ciò che viviamo, soprattutto se è una visione così strutturante e pervasiva.
Non si tratta di pensare a come sarebbe andare in un parco mai visto o assaggiare un piatto per la prima volta, ma di creare nella propria testa una realtà completamente diversa, sia dentro che fuori di noi.
È difficile che un essere umano possa concepire la serenità come substrato delle sue giornate se non la vive in prima persona. Certo, magari intervallata da qualche episodio spiacevole, ma presente in maniera piuttosto costante.
Io ho utilizzato la serenità come esempio, ma in generale possiamo considerare tutte le emozioni positive: gioia, soddisfazione, pace, ecc.
Mi chiedo: una persona che ha sempre avuto dimestichezza con il dolore, come può sapere come sarebbe vivere una vita diversa?
Lo noto anche in seduta.
Spesso le persone mi chiedono di aiutarle perché non sopportano più la loro condizione attuale.
È una richiesta per sottrazione, chiedono di far cessare qualcosa, il dolore o altro.
Non si rivolgono a me perché visualizzano uno stato di benessere da raggiungere.
Perché sapere cosa costruire è tutta un’altra faccenda.
Anche per questo credo che spronare la gente a pensare positivo e a visualizzare il successo non possa funzionare con chi sta molto male.
Come fa a immaginarlo?
Quando qualcuno ci mostra finalmente un’alternativa, magari iniziando con delle piccole cose, allora sappiamo dove focalizzare la nostra fantasia.
Ci vogliono delle varianti prima nella nostra testa, gestibili e magari suggerite, per poi ricrearle nella realtà.
Possiamo trovare suggerimenti da molte fonti, non è necessario rivolgersi a un professionista. Mi vengono in mente, per esempio, i libri o i film.
Penso a tutto quel materiale che porta una narrazione diversa da quella che abbiamo in testa e che mostra le vite degli altri.
Quelli sono tutti modelli alternativi descritti e fruibili.
Non bisogna sforzarsi di immaginare la propria vita completamente diversa, ma piuttosto cercare delle alternative che si possano proiettare già nelle piccole cose.
Il professionista, in caso, può aiutare a crearle su misura per la persona oppure a renderle realtà.
O, ancora, a entrare nell’ottica che un’alternativa esiste.
Perché capita che le persone credano di non poter avere una vita diversa da quella che conoscono.
Non è questione di destino segnato, ma di mancanza di “Altro” da costruire prima con l’immaginazione e poi con la realtà.
In seduta lavoreremo sulla tua alternativa, possiamo costruirla insieme e renderla reale. Scrivimi qui.
