“La odio perché non c’è mai stata, non mi ha mai accettata. Io non ho avuto una madre, ecco la verità.”
Con queste parole Stefania (38 anni) ha iniziato il nostro percorso insieme.
Mi ha raccontato subito dei suoi attacchi di panico ricorrenti e di un rapporto conflittuale con la madre che le stava togliendo ogni libertà.
Gli attacchi di panico che bloccano la sua vita
Gli attacchi arrivano all’improvviso e, convinta di morire, Stefania finisce più volte al pronto soccorso.
Ha già iniziato a evitare situazioni che li attivano — come guidare — e questo la rende sempre più dipendente dagli altri.
Un altro momento difficile sono i pranzi e le cene di famiglia: se è obbligata a partecipare, per esempio durante le feste, l’ansia inizia tre giorni prima.
Il rapporto difficile con la madre
Suo padre è morto anni fa e non hanno mai avuto un buon rapporto.
Il vero nodo, però, è la madre: una donna giudicante, arrabbiata, sempre nervosa, che pretende attenzioni costanti e invade continuamente la vita di Stefania.
Abita nello stesso condominio, sale senza preavviso a casa sua e, se non la trova, la chiama in continuazione finché non risponde.
In questo modo Stefania non ha mai né privacy né la possibilità di sentirsi libera.
È come se la madre la volesse sempre a disposizione, pronta ad accogliere frustrazioni e malumori.
Da DOVE nasce l’ansia?
Durante le sedute abbiamo fatto due ipotesi, poi verificate usando il dialogo diretto con l’inconscio:
- L’ansia nasce dal legame inconscio tra la casa della madre e lo stato di malessere.
Se sto sempre male in un posto, tornarci diventa una forzatura. Ed è quello che succede a Stefania ogni volta. - La presenza dei figli peggiora la situazione, perché in Stefania scatta un forte senso di protezione: non si sente in grado di tenerli al sicuro dalle parole della nonna.
Parlo di ipotesi perché ogni ragionamento che faccio in seduta viene sempre verificato con l’inconscio, che conferma o smentisce ciò che penso.
In questo modo il lavoro è davvero a prova di errore.
Attacchi di panico e vincoli emotivi
Gli attacchi di panico arrivano spesso quando la vita è “poca”: quando c’è un vincolo forte che impedisce di vivere appieno.
Il paradosso è che proprio il panico riduce ancora di più la libertà, creando un circolo vizioso.
Nel caso di Stefania, il vincolo è l’attaccamento morboso della madre:
- la mancanza di privacy
- la vicinanza costante
- il senso di colpa inculcato fin da piccola (“Se mi allontano, l’abbandono. Lei ha bisogno di me, la ucciderei se lo facessi”).
Questo schema inconscio la imprigiona, anche se la madre continua a ferirla con parole e comportamenti aggressivi.
Il lavoro fatto insieme e i risultati OTTENUTI
Il percorso è stato profondo e radicale:
- Abbiamo fatto dei negoziati con l’inconscio, sostituendo le emozioni negative che alimentavano gli attacchi di panico con esperienze di vita positiva.
- Abbiamo rafforzato l’identità di Stefania, insegnandole a dire no e a mettere limiti sani.
- I sensi di colpa sono evaporati, perché l’inconscio li ha ridimensionati.
Il risultato?
Stefania non odia più sua madre e ha ridotto il potere distruttivo delle sue parole.
Adesso, finalmente, si protegge da sola.
Inoltre, oggi guida di nuovo, partecipa ai pranzi di famiglia senza ansia e, soprattutto, si è ripresa la sua vita.
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Il cambiamento di Stefania non è stato un caso.
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Questo caso studio è tratto da delle sedute reali.
