C’è stanchezza e stanchezza.
Non è tutta uguale.
C’è la stanchezza di chi ha una vita frenetica e gratificante.
Di chi governa le regole del gioco e vive una quotidianità impegnativa, ma su misura per lui.
Sono le persone che si trovano dentro un flusso che toglie e ricarica costantemente le energie.
Arrivano a fine anno stremate, ma felici per i risultati ottenuti.
Il loro equilibrio, fatto di ritmi veloci e impegnativi, svuota e rigenera le loro risorse in maniera sana.
Poi c’è la stanchezza di chi si trascina.
Non è detto che lavori meno degli altri, ma ha sempre questo senso di urgenza e frustrazione.
Dovrebbe fare più cose, lavorare di più, rispettare le scadenze.
Governare la situazione, non farsi governare.
Invece, si sente come una macchina in riserva: si trascina da un distributore all’altro, ma non riesce mai a fare il pieno. Non si sente mai carica.
La sua stanchezza non è legata alla soddisfazione, come nel primo caso, ma alla frustrazione.
Vive una vita molto diversa dai primi perché non governa nulla, sono le circostanze a governare.
La sua quotidianità è caratterizzata dallo stringere i denti e dal fare il possibile, cercando di rimanere a galla.
A volte ci riesce meglio, in altri periodi invece va peggio.
In alcuni casi, possono saltare anche i ritmi di sonno o cibo.
Anche quando si ferma, non se la gode mai perché dovrebbe fare di più e c’è sempre la frustrazione dietro l’angolo.
Ciò che fa non è abbastanza per le circostanze in cui si trova.
In questo caso non è solo un problema di risorse e stanchezza, ma di un loop che si ripete giorno dopo giorno.
Non basta fermarsi un attimo e prendersi cura di sé per stare bene.
È la percezione che si ha della propria vita a dover cambiare.
Bisogna sentirsi causativi, non rincorsi e stressati dagli eventi.
Gli eventi li decido io, non ne vengo sopraffatto.
Cosa si può fare per uscire dalla seconda categoria e rientrare nella precedente?
Prima di tutto, se i ritmi sonno-veglia o alimentari sono saltati, dobbiamo cercare di riprendere delle buone abitudini.
Concentrarsi su qualcosa che è più gestibile delle emozioni e di ciò che abbiamo dentro, come il corpo, richiede meno risorse.
Cercare di mangiare a orari regolari è più facile che maneggiare energie ed emotività.
Poi, se sappiamo che alcune cose ci fanno stare bene, concediamoci il lusso di farle.
Per esempio, una passeggiata di mezz’ora o una cena fuori ci gratifica? Facciamolo.
Non sentiamoci sempre in dovere o in colpa perché non abbiamo fatto abbastanza.
Dobbiamo prenderci cura noi stessi per funzionare al meglio, iniziando dalle piccole cose.
Così saremo anche più produttivi.
Altra cosa utile che possiamo fare è scomporre il carico di lavoro.
Quando ci sentiamo sopraffatti, concentriamoci su ciò che possiamo fare oggi, nell’immediato.
Sulle piccole azioni che ci fanno avanzare.
Così a fine serata ci sentiremo meglio per aver fatto qualcosa nella giusta direzione.
È l’azione che combatte immobilità e sopraffazione.
Piano piano, a piccoli passi, dobbiamo riuscire a entrare in un loop che è positivo per noi.
Clemenza con noi stessi, piccole gratificazioni e attività quotidiane possono aiutarci in questo.
È facendo che avremo dei risultati.
Certo, a volte non basta…
Per riuscire a cambiare la propria vita solo con queste azioni, non ci devono essere delle cause gravi che ci fanno affondare.
Se non è possibile favorire un cambiamento perché le circostanze ci schiacciano, bisogna entrare nel merito e lavorarci, anche rivolgendosi a qualcuno se necessario.
Ciò che ho scritto prima rimane valido, ma se bisogna rifare le fondamenta, il lavoro per ottenere una vita diversa è più profondo di così.
Se sei in questa situazione, puoi rivolgerti a me scrivendomi qui.
Faremo un po’ di chiarezza sulle cause della tua stanchezza e ci lavoreremo insieme.
